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MOSTRA “PICCOLA GERUSALEMME”

MOSTRA “PICCOLA GERUSALEMME”

25 gennaio – 20 febbraio 2020, Istituto Italiano di Cultura, Atene

Inaugurazione: ore 20.30

Il lavoro di Elettra Stamboulis e Angelo Mennillo racconta la storia di un luogo, il senso di assenza e il trauma senza alcun mito. In mostra le tavole originali tratte dal Graphic Novel “Piccola Gerusalemme”, scritto da Elettra Stamboulis e disegnato da Angelo Mennillo. Tradotto in greco, turco e francese, il romanzo grafico racconta attraverso parole e immagini la storia di Salonicco più recente attraverso lo sguardo di Romanos, un greco nato in Bulgaria che non ha mai conosciuto la terra d’origine.

«Se il mio parere può stimolare un’attenzione presso i lettori, ritengo che questo sia un libro che oggi non dovrebbe mancare in una biblioteca degna di questo nome.»

(Dalla prefazione di Moni Ovadia)

ORARIO LUN – VEN 15:00-19:00 SAB 10:00-14:00

Ingresso: libero

 

Echi di una grecità dell’assenza

L’opera di Elettra Stamboulis, illustrata da Angelo Mennillo, mi ha letteralmente travolto scatenando in me un caleidoscopio di emozioni e di iridescenze difficilmente traducibili in parole, nella loro compiutezza. Devo premettere che non sono un lettore obiettivo (ammesso che si possa esserlo). La narrazione ed il clima che Elettra crea mi coinvolgono profondamente e mi appassionano. Sono nato a Plovdiv (Filipoupoli in greco) in Bulgaria, in Tracia per la precisione. La mia è una famiglia di ebrei sefarditi: il mio bisnonno da parte di padre era di Salonicco, mio nonno di Smirne. Un ramo dei nostri Ovadia era ellinofono, la base della cucina di casa era salonicchiota. La Grecia della modernità era talmente presente nell’atmosfera che ho respirato da scatenarmi nella mia adolescenza una passione bruciante per le canzoni tradizionali greche, in particolare per il repertorio del rebetico, lo straordinario scrigno di musica e poesia che si è configurato dopo la καταστροφή, la catastrofe come viene chiamata, quando un milione di greci vennero espulsi dalle terre dell’Anatolia dopo una presenza millenaria nel 1922 a seguito di un conflitto con i turchi. Gran parte di quei profughi si sistemarono nei quartieri del Pireo portando con sè la loro cultura greco-anatolica fortemente segnata dalla relazione con quell’humus orientale. La prima volta che arrivai ad Atene da giovane, fui colto da una sorta di sindrome di Stendhal e presi la decisione di imparare la δημοτική, la lingua neoellenica, cosa che poi feci come autodidatta, aiutandomi con le cicliche vacanze nelle isole greche. Non andavo al mare che molto saltuariamente, preferivo sedere ai tavolini dei καφέδες ο delle taverne, ascoltando le storie dei vecchi, immaginando di essere in un τεκέ, e chiacchierare con loro per sciogliere la mia rigida parlata neoellenica. Per me parlare la δημοτική è stata un esperienza dello spirito. Che lingua! Costruita su αρχαία ελληνικά, il greco antico, e sulla κοινή alessandrina: le dominazioni varie l’anno fertilizzata di turchismi, venetismi, e, come altre lingue di barbarismi, soprattutto gallismi. Perché la δημοτική si affermasse come lingua della nazione si è passati attraverso scontri di classe. I governi aristocratico-reazionari ne volevano limitare l’uso ai primi gradi della scolarizzazione. Ma per gli usi ufficiali, per le espressioni “alte”, imposero una lingua che fosse depurata alle contaminazioni e che fosse degna dell’eredità classica: la katharevousa, la purificata. Coloro che, come gli straordinari poeti neoellenici usavano la δημοτική per fare arte e letteratura, erano per ciò stesso considerati sovversivi. Grazie allo studio del neoellenico ebbi un balbettante, ma folgorante accesso alla poesia greca, in particolare conobbi il poeta Yiannis Ritsos. Per la mia sensibilità, “il più grande poeta dei nostri tempi”, così lo definì Aragon quando lesse Epitafios, il mirologio che Ritsos compose per la morte di uno studente antifascista assassinato dalla polizia del dittatore fascista Metaxas nel 1936. Attraverso il magistero poetico di Ritsos e la conoscenza della sua militanza comunista – Ritsos fu internato e torturato nei terribili lager dei fascisti greci per oltre dodici anni- ripercorsi la tragica e acutamente dolorosa storia della Grecia moderna, pressoché sconosciuta fuori dai confini ellenici. Invece tutti dovremo apprenderla perché ciascuno di noi in misura maggiore o minore è greco. Elettra Stamboulis, con il suo narrare, ci porta nella grecità (la Ρωμιοσύνη) e ci fa scoprire ciò che è stata, attraverso memorie, evocazioni, echi, ma anche attraverso ciò che si manifesta nella sua assenza, nella perdita. Noi siamo sempre una comunità di viventi e non più viventi. Il raccontare di questa intensa scrittrice è elittico, mai retorico e meno che meno compiaciuto, non cede a nessun mito. Le illustrazioni grafiche di Angelo Mennillo si declinano con le descrizioni, i dialoghi e le riflessioni del protagonista Romanos con una asciuttezza dolente, componendo un fare letterario originale sulla visualità delle parole e dei grafemi. Se il mio parere può stimolare un’attenzione presso i lettori, ritengo che questo sia un libro che oggi non dovrebbe mancare in una biblioteca degna di questo nome.

Moni Ovadia

  • Organizzato da: Istituto Italiano di Cultura, Ambasciata d'Italia in Grecia